Diagnosi e Cura del Dismorfismo Corporeo

disturbo ossessivo-compulsivo relativo alla percezione dell'aspetto fisico e delle sue alterazioni

diagnosi clinica, comprensione funzionale e terapia psicologica breve riabilitativa del dismorfismo

cura psicologica breve di riabilitazione diretta e indiretta senza farmaci e senza psicoterapia

 

 

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Comprensione Funzionale del Dismorfismo Corporeo
teoria emotocognitiva: spiegazioni circa l'esordio, la patogenesi e il mantenimento del dismorfismo corporeo
 

I soggetti con Disturbo di Dismorfismo Corporeo organizzano l'intera vita intorno all'idea di “difetto”, spesso passando gran parte delle giornate a controllare l'aspetto fisico direttamente, o su qualsiasi superficie riflettente a loro disposizione (vetrine, vetri delle macchine, orologi, specchi ecc.). Possono emergere comportamenti esagerati di pulizia del proprio aspetto, che richiedono al soggetto molto tempo (applicazioni ritualizzate di cosmetici, eccessi nel pettinarsi o nel togliersi i peli, manipolazione della pelle ecc.). Alcune persone alternano periodi durante i quali mettono in atto un eccessivo controllo, a periodi di completo evitamento. Ci sono persone che riesco a trovare addirittura strategie per evitare qualsiasi superficie possa riflettere la propria immagine.
Sebbene il controllo dell'eventuale difetto fisico, e i rituali di cura a esso connessi, abbiano lo scopo di far diminuire l’ansia legata al difetto, in realtà non producono l'effetto sperato. Saranno poi proprio questi atteggiamenti che in realtà manterranno e porteranno a un'esacerbazione del disturbo stesso.
Si innesca così quello che in psicologia emotocognitiva viene definito loop disfunzionale (Baranello, 2006) ovvero quel processo circolare ridondante fatto di comportamenti, pensieri o azioni proprie e dell'ambiente, che tendono a mantenere e a peggiorare il problema anziché risolverlo.
I soggetti con Disturbo di Dismorfismo Corporeo sono soliti richiedere continue rassicurazioni circa il proprio aspetto fisico, ma il sollievo che il soggetto ne trae è nullo o comunque solo momentaneo. La continua richiesta di rassicurazione, spesso rivolta ai propri familiari o a persone che quotidianamente si trovano a contatto con la persona con dismorfismo, spesso porta a una riorganizzazione dell’intero sistema intorno al sintomo.
Spesso i pazienti con dismorfismo pensano di essere oggetto di derisione da parte degli altri, a causa del loro aspetto fisico (o difetto), motivo per il quale possono arrivare a nascondere il proprio “difetto”. Per esempio portando un cappello per nascondere una supposta calvizie, occhiali da sole, facendosi crescere la barba per nascondere eventuali cicatrici ritenute deturpanti, nevi o altri presunti difetti oppure evitando attività quotidiane fino all’isolamento sociale estremo (abbandono scolastico o lavorativo). Alcune persone escono soltanto di notte quando ritengono di non essere visti, o ancora rimangono chiuse in casa a volte per anni.
Il comportamento evitante messo in atto da tali soggetti non va confuso con il Disturbo Evitante di Personalità o con Fobia Sociale. L’evitamento e la tendenza al ritiro sociale, non solo non risolvono il problema, ma a lungo termine possono peggiorare la situazione generando sintomi depressivi secondari o misto ansioso-depressivi.
Il disagio derivante dalla percezione del “difetto” può portare la persona con diagnosi di disturbo di dismorfismo a ricorrere continuamente a trattamenti medico generali, medicina estetica, trattamenti medico odontoiatrici o chirurgia estetica al fine di migliorare il proprio aspetto e ridurre il difetto. Il ricorso alla chirurgia estetica, e quindi la soluzione apparente del difetto, spesso comporta lo spostamento dell’attenzione su un’altra parte del corpo sulla qual si vorrà nuovamente intervenire, innescando un circolo vizioso, appunto il "loop disfunzionale" già accennato. Tutti i tentativi messi in atto dai soggetti con dismorfismo (quali l’evitamento sociale , il controllo eccessivo del difetto, i rituali di cura dell’aspetto fisico) per tentare di risolvere il problema e per evitare la sofferenza a esso connessa, semplicemente non funzionano, anzi, sono patogenetici.
Va ricordato che ogni tentativo di convincere la persona che il difetto non esiste o che sia esagerata l'attenzione sul problema, oppure fornire rassicurazione, o cercare di spiegare o di far capire che i propri comportamenti siano eccessivi o semplicemente dire alla persona "per me vai bene come sei", ecc. tendono a produrre nel paziente una reazione emotocognitiva di frustrazione, ansia e angoscia derivante da un incremento tensivo psicofisiologico. L'obiettivo quindi dell'intervento psicologico è proprio sbloccare il loop disfunzionale, attraverso specifiche tecniche psicoeducative e portare il disturbo verso una sua spontanea remissione, nei tempi più brevi possibile, senza uso di psicofarmaci e senza psicoterapia.

a cura di
Dott. Marco Baranello
ultimo aggiornamento, 30 agosto 2016

come citare questa fonte

Baranello, M.
(a cura di) (2016)
Dismorfismo Corporeo. Comprensione funzionale in psicologia emotocognitiva.

in Baranello, M. (a cura di) (2016)
Dismorfismo corporeo. Diagnosi con il DSM-5, comprensione e trattamento.
SRM Psicologia, Progetto PRS, agosto 2016


Riferimenti Bibliografici

  • APA (2013) Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, quinta edizione (DSM-5), Raffaello Cortina Editore, Milano 2014.


Versioni Precedenti

  • Comerci, L., Baranello, M. (2007) Dismorfismo corporeo. Diagnosi con il DSM-IV-TR, comprensione e trattamento psicologico. SRM Psicologia, Progetto PRS, gennaio 2007.

 
 
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Il materiale pubblicato ha scopo informativo generale. Per questioni di natura sanitaria riferirsi direttamente presso uno studio di psicologia.
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sezione "Psicopatologia Generale" del progetto "Psicologia: Una Risorsa per la Salute" (PRS).
a cura di SRM Psicologia - Centri di Psicologia Emotocognitiva - Istituto di Studi Emotocognitivi

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