Diagnosi e Cura Disturbo di Panico
valutazione diagnostica, comprensione funzionale e terapia psicologica breve riabilitativa di ansia e panico
sintomi clinici degli episodi di attacchi di panico con o senza diagnosi di agorafobia
cura psicologica breve delle crisi d'ansia senza farmaci e senza psicoterapia

 

 

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Comprensione Funzionale del Disturbo di Panico
teoria emotocognitiva: spiegazioni circa l'esordio, la patogenesi e il mantenimento del disturbo di panico
 

Comprensione del Disturbo di Panico (Attacchi di Panico)

il disturbo di Panico si presenta come una reazione improvvisa dell'organismo con evidenti sintomi neurovegetativi i quali possono spaventare fortemente la persona che si trova a viverli.  La preoccupazione del primo attacco è sovente quella di trovarsi in presenza di una malattia, di un infarto o comunque di qualcosa di terrificante che non si conosce. L'attacco di panico può quindi provocare una sensazione molto intensa di ansia e angoscia e sembra quasi impossibile che si possa trattare di un problema di natura "psicologica".
In realtà l'organismo è un complesso processo che definiamo "psicofisiologico" e un disturbo di panico, seguendo le linee guida della nostra teoria emotocognitiva, è una risposta fisiologica autonoma dell'organismo legata a un incremento di attivazione del sistema generale. Abbiamo più volte suggerito che per una migliore comprensione del fenomeno sarebbe utile prendere dimestichezza con i termini "psicofisiologico" o "organizzazione psicofisiologica" che dovrebbero sostituire l'anacronistico termine "mentale" legato al concetto di disturbo. Per questo parleremo spesso di disturbo dell'organizzazione psicofisiologica anziché di disturbo mentale oppure di processi psicofisiologici per parlare dell'unità dell'organismo come sistema funzionalmente organizzato.

 
La Prima Crisi d'Ansia nel Disturbo di Panico

"Un fulmine a ciel sereno!". E' così che arriva un attacco di panico. Improvvisamente, senza che la persona se lo aspetti. E' una sensazione intensa, terrificante, imponente associata spesso a paura di impazzire o di morire. Dal nulla viene e nel nulla, dopo qualche minuto o al massimo poche decine di muniti, sparisce, lasciando una intensa sensazione di paura e preoccupazione. Il primo attacco è quasi sempre il peggiore. Possiamo pensare di essere sul punto di morire, di avere un infarto, una malattia grave oppure, in alcuni casi, si può pensare a una malattia sconosciuta. Comunque è una reazione neurovegetativa davvero forte, difficile da comprendere per chi non l'abbia realmente provata. Moltissime persone, correttamente, si recano o vengono portate al pronto soccorso, dove, escluse condizioni mediche o effetti di sostanza e accertato che si tratti di una crisi d'ansia, vengono liquidate con qualche goccia di ansiolitico e con una pseudo-rassicurazione del tipo "è stata solo una crisi d'ansia" o "è stato un attacco di panico". Queste rassicurazioni "è stato solo" di certo non tranquillizzano realmente la persona che ha vissuto qualcosa di assolutamente reale dal punto di vista somatico e di certo non sminuibile in "è stato solo...".

"Cosa è successo? Perché è avvenuto?", queste sono le domande più comuni. Inizia così il calvario di chi soffre di un disturbo da attacchi di panico. Si inizia ad avere paura che si possa ripresentare improvvisamente. "E se mi trovassimo in auto?", "e se capitasse in un luogo affollato dove non può arrivare facilmente un soccorso?", "e se succedesse in un posto isolato dal quale può essere difficili o imbarazzante allontanarsi?", "e se mi capita in un posto isolato e mi trovo solo?". Domande di questo tipo rivelano la presenza di una forte ansia anticipatoria ormai nota a tutti come "paura della paura" e che in psicologia emotocognitiva definiamo "paura della sofferenza primaria". Le paure anticipatorie sono pressoché infinite. Molte persone iniziano così a mettere in atto comportamenti di evitamento. Le prime cose alle quali si rinuncia in genere sono i mezzi di trasporto pubblici soprattutto la metropolitana, ovvero tutti quei luoghi dai quali potrebbe essere difficile allontanarsi in caso di crisi d'ansia. Non sempre il soggetto comunque evita le situazioni, va ben specificato, alcune persone fanno sostanzialmente tutto ma vivono ogni azione con enorme sforzo, con estremo disagio e fatica. Uno sforzo che, con il passare del tempo, può produrre forme depressive secondarie, sensazione di non farcela più. La paura porta all'aumento dello stato di tensione sistemica incrementando la percezione di ansia e, a un certo punto, potrebbe arrivare il secondo attacco di panico.


Dal Secondo Attacco alla Conferma del Disturbo

Lo stato di apprensione, definito ansia anticipatoria ma si tratta di ansia vera e propria ovviamente, generato dal primo attacco, produce un incremento di tensione sintomo-specifica che, in psicologia emotocognitiva, abbiamo scoperto essere proprio la causa a monte dell'insorgenza dell'attacco stesso. I sintomi del panico, secondo la nuova ottica proposta dalla nostra teoria emotocognitiva, sono tentativi autonomi dell'organismo di liquidare questi stati di tensione. Dopo il primo attacco, a causa di legami associativi operati dal sistema nervoso centrale, la tensione viene associata all'idea stessa della crisi d'ansia (tensione sintomo-specifica). La tensione incrementata dall'ansia anticipatoria del soggetto potrebbe produrre il secondo attacco che, lo ricordiamo, può presentarsi nel soggetto sia dopo pochi giorni di distanza dal primo, sia dopo diversi mesi.

E' proprio il secondo attacco che ha il più alto valore patogenetico e può determinare la genesi di un vero e proprio disturbo: il disturbo di panico. Il secondo attacco, infatti, conferma la principale paura: "può capitare ancora!". A questo punto l'ansia di un possibile futuro attacco aumenta e potrebbe così arrivare il terzo attacco e così via. Ricordiamo che molto spesso il soggetto non vive continui episodi di panico ma vive con la sensazione costante che potrebbe accadere di nuovo. Questo è infatti il vero problema alla base del distubro.
Si inizia a temere la paura stessa, si ha paura di poter provare quella sensazione terrificante e angosciante di perdita di controllo, spesso accompagnata da paura di morire o di impazzire, che può essere correlata al timore di imbarazzo in caso di attacco o alla preoccupazione di non avere "ancore di salvezza". La paura non è tanto quella dell'attacco in sé ma, come sostiene la psicologia emotocognitiva, della sofferenza primaria (Baranello, 2006b) associata alla crisi d'ansia.


Evitamento, Sopportazione, Controllo nel Disturbo di Panico

Tra le persone che soffrono di attacchi di panico la maggior parte mette in atto dei comportamenti e delle azioni che implicano generalmente evitamento (evitare luoghi o situazioni a rischio e spostamenti) oppure azioni di prevenzione come portare farmaci con sé, bottigliette d'acqua, o farsi accompagnare.
La vita della persona viene organizzata intorno al disturbo e ai sintomi correlati e di conseguenza anche la vita di chi sta vicino a una persona che soffre di attacchi di panico è necessariamente condizionata.
Vengono ridotti spostamenti e viaggi, vengono evitate, modificate o ridotte specifiche situazioni sociali, lavorative (o scolastiche), vengono evitate o ridotte anche attività un tempo considerate piacevoli e così via. Si entra in ciò che la psicologia emotocognitiva definisce loop disfunzionale (Baranello, 2006a), ovvero un circolo vizioso fatto di tentativi di risolvere lo stato d'ansia e la preoccupazione associati alla presenza degli attacchi. Questi tentativi generalmente falliscono ovvero non risolvono definitivamente il problema. Il soggetto si inizia a sentire incapace e impotente e soprattutto non capiti dalle persone vicine che vivono il problema come se fosse risolvibile con qualche rassicurazione o con la forza volontà del soggetto, mentre nella realtà non è così.
Chi non l'ha vissuto davvero non si può rendere conto di quanto sia terribile e invalidante.
La persona che soffre di attacchi di panico sa perfettamente tutto, riconosce il problema, sa che dovrebbe essere più tranquillo, sa che si tratta di un attacco di panico e non di una malattia. L'unica cosa che non sa e che vorrebbe sapere, è "IL COME FARE" per stare tranquillo, il COME FARE per risolvere il problema.
E' qui che interviene la psicologia emotocognitiva, nel fornire strumenti pratici e concreti su come fare.
Chi sta vicino alla persona che soffre di attacchi d'ansia può utilizzare diverse strategie (in genere fallimentari nel loro complesso) per tranquillizzare, rassicurare o cercare di spronare. Ovviamente essendo il disturbo qualcosa che prescinde dalla volontà del soggetto, ovvero si presenta senza che la persona possa fare nulla per prevenirlo realmente, ogni tentativo di rassicurazione da parte degli altri è destinato a far sentire la persona che ne soffre sempre più impotente e non capita.
Anche il soggetto con diagnosi di disturbo da attacchi di panico cerca spesso rassicurazione credendo che così possa arginare il problema, gestirlo o tenerlo sotto controllo. La verità è che i sintomi più imponenti nel corso della vita tendono ad attenuarsi ma la sensazione di ansia non sparisce. Questo fa credere alla persona di aver imparato almeno in parte a gestire il problema o aver accettato la convivenza con il disturbo.
Spesso le strategie adottate da chi soffre di disturbo di panico sono varie. Può farsi accompagnare in caso di situazioni importanti o nelle quali è necessaria la sua presenza, può chiamare il partner, un familiare, un amico, un medico o uno psicologo quando si è in presenza della paura di un attacco o con un attacco in corso, ma anche questo è destinato a fallire. Altre tecniche in genere fallimentari sono legate all'uso di farmaci ansiolitici , di tisane rilassanti, di rimedi naturali vari o di tecniche di respirazione e rilassamento. Questi metodi in genere non funzionano nella soluzione del disturbo anche se, li per li, sembra possano attenuare in parte i sintomi. Purtroppo la sensazione che possano permettere la gestione dei sintomi produce un effetto di dipendenza il quale è alla base proprio del mantenimento del disturbo nel lungo periodo.
Molti pazienti dichiarano di non prendere farmaci ma di portarli sempre con sé in caso si dovesse presentare un attacco. Di nuovo il valore patogenetico del farmaco (cioè quello di sviluppare e mantenere i sintomi anziché curarli) è dato non tanto dal trascurabile effetto chimico ma da un complesso effetto organizzativo psicofisiologico. Infatti portare con sé un farmaco conferma psicologicamente alla persona che potrebbe averne bisogno confermando di conseguenza l'idea di avere un problema o di essere malato. Questo processo attiva dei sistemi nell'organismo che generano le tensioni sintomo-specifiche che sono alla base dell'insorgenza del disturbo di panico e dei disturbi dell'organizzazione psicofisiologica in generale.

Tutto ciò che si fa per cercare di risolvere il problema in modo diretto sembra fallire. Questo è ben spiegato dalla teoria emotocognitiva per la quale le condotte che falliscono sono tutte quelle tese a risolvere in modo diretto un sintomo o a prevenirlo e che modificano nettamente lo stile organizzativo della persona. Per la psicologia emotocognitiva di Baranello sia l'azione di evitamento che al suo opposto lo sforzo di esporsi o di sopportare hanno lo stesso esito patogenetico. In questo la teoria emotocognitiva si distingue nettamente dalle teorie cognitive, comportamentali o strategiche, come è molto distante dalle teorie psicoanalitiche o dagli strumenti di tipo psichiatrico. Per la teoria emotocognitiva infatti il vero evitamento della persona è sulla "sofferenza primaria", una sofferenza psicofisiologica associata direttamente alla modificazione neurovegetativa che, per definizione, è funzionale e non rappresenta il vero problema.
Per questo abbiamo realizzato nel 2006 un originale quando rivoluzionario schema educativo definito "ABC emotocognitivo" che, integrato con il nostro concetto del "loop disfunzionale" permette al clinico e al paziente di capire il funzionamento psicofisiologico ed organizzativo della persona e quindi portare l'organismo verso una riabilitazione spontanea, senza tecniche di esposizione, senza indagare il passato, senza psicofarmaci e senza psicoterapia ma con mezzi prettamente educativi focalizzandosi sul qui-e-ora in grado di agire su tutte quelle convinzioni errate che sono alla base del mantenimento di un disturbo. Lo schema ABC emotocognitivo e il concetto di "loop disfunzionale" hanno cambiato nettamente l'ottica sul funzionamento psicofisiologico umano e oggi molti psicologi e psichiatri parlando di tali concetti anche al di fuori della teoria emotocognitiva di Baranello dai quali essi sono nati. Una vera e propria rivoluzione copernicana della psicologia che, da una psicologia filosofica, si sta sempre più muovendo verso una nuova psicologia scientifica.


Sintomi Somatici Correlati ad Ansia e Panico

Spesso i pazienti che soffrono di disturbo da attacchi di panico hanno una tendenza al controllo che rappresenta il nucleo centrale delle modalità di organizzazione della propria vita. Tale tendenza al controllo, secondo i principi della teoria emotocognitiva, genera aumento tensivo generale che può portare a reazioni definite classicamente psicosomatiche anche piuttosto importanti. Sono frequenti sintomi a livello gastro-intestinale come gastriti, intolleranze alimentari, coliti, si possono evidenziare herpes simplex recidivi, herpes zoster, contratture muscolari, dolori muscolari (fibromialgie) che interessano colonna, distretti cervicali e lombari, molto spesso abbiamo notato presenza di bruxismo (serrare o digrignare i denti), presenza di alterazione del ritmo sonno-veglia, sindrome delle gambe senza riposo, cistiti croniche, candidosi recidive, sintomi di natura sessuale (nelle donne dolori mestruali, ciclo mestruale irregolare o eccessivamente abbondante, in entrambi i sessi dolori durante il rapporto sessuale, problematiche prestazionali, ecc.).
Nel trattamento psicologico degli attacchi di panico il professionista della salute terrà in considerazioni tali eventuali alterazioni correlate. Dalla nostra esperienza clinica in ambito psicologico il trattamento del disturbo d'ansia di tipo riabilitativo porta ad una riduzione significativa spontanea anche dei sintomi correlati, quando essi ovviamente siano di tipo funzionale e non dovuti ad una condizione medica generale.


a cura del Dott. Marco Baranello
ultimo aggiornamento, 9 luglio 2016

come citare questa fonte

Baranello, M.
(2016)
introduzione al disturbo di panico.
panico.info, Roma 9 luglio 2016


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Il materiale pubblicato ha scopo informativo generale. Per questioni di natura sanitaria riferirsi direttamente presso uno studio di psicologia.
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a cura di SRM Psicologia - Centri di Psicologia Emotocognitiva - Istituto di Studi Emotocognitivi
 

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