Molti autori ci sono cimentati nel discutere
circa bisogni e desideri umani, spesso
utilizzando un approccio di tipo filosofico
altre volte cercando di integrare le
conoscenze biologiche a quelle psicologiche.
Il più delle volte comunque i nostri testi
universitari di psicologia si riferiscono a
concetti più vicini alla filosofia che alla
fisiologia. Dobbiamo essere consapevoli che
la psicologia ha ancora grossi limiti e il
sistema accademico risente ancora di vecchi
concetti. Questo purtroppo è dovuto al fatto
che molti degli attuali docenti universitari
di psicologia, nonché un'elevata percentuale
di psicologi e psicoterapeuti iscritti
all'ordine, in realtà non sono laureati in
psicologia, spesso hanno laurea in
filosofia, lettere, architettura se non
addirittura senza laurea e soltanto con il
diploma in qualsiasi disciplina! Questo è
stato l'effetto di una recente sanatoria,
infatti l'ordine degli psicologi esiste
soltanto da 10 anni. Significa che
moltissimi docenti universitari di
psicologia e moltissimi psicologi non hanno
un background culturale nuovo di tipo
scientifico per la psicologia e si orientano
secondo modelli ormai anacronistici, spesso
filosofici. La psicologia filosofica ben
presto verrà sostituita da una psicologia
scientifica grazie a una nuova generazione
di studiosi, scienziati e professionisti,
una psicologia in grado di determinare la
prognosi dei propri interventi in modo
preciso, ridurre i tempi dei trattamenti
psicologici e soprattutto fornire una nuova
coerente e verificabile spiegazione di
quelli che oggi chiamiamo fenomeni psichici.
Personalmente, provenendo da una cultura
tecnico-scientifico, devo onestamente dire
di essere rimasto piuttosto deluso dalla
facoltà di psicologia che credevo più
scientifica. Invece è piena di docenti che
sembrano ripetere una qualche nozione
concettuale non supportata da dimostrazione.
Spesso mi sono dovuto scontrare con
un'ignoranza circa i correlati fisiologici
che sottostanno la manifestazione cosiddetta
psichica. Se dovessi pensare alla
costruzione di un "automa" come l'essere
umano dal punto di vista del progettista
penserei a come fare per renderlo
"autonomo", "perfetto", "capace di
adattarsi", lo doterei di funzioni e creerei
sistemi di autocura in caso di problemi
imprevisti. Quindi cercherei dotarlo di
poche regole base sulle quali sviluppare la
maggior parte dei programmi di azione.
Insomma l'automa deve avere una certa
funzione e deve poterla assolvere nel
migliore dei modi! Pensiamo ad esempio
all'acquisizione del linguaggio e, più nello
specifico, di una determinata lingua.
L'essere umano è programmato per poter
acquisire una lingua, la cosiddetta lingua
madre (o più lingue contemporaneamente)
soprattutto nelle primissime fasi di
sviluppo. Vale a dire che "l'ingegnere che
ha creato questo automa" ha offerto una
capacità ma non ha inserito una lingua
determinata. Quindi ha permesso all'essere
umano di autoprogrammarsi in funzione del
proprio ambiente. Ciò vale per ogni azione
umana!
Da questo ritengo anche che un costante
mancato riconoscimento dei bisogni
fondamentali (le necessità biologicamente
fondate) dell'essere umano durante le prime
fasi del ciclo vitale (ed oltre) da parte
delle figure che si prendono cura di lui,
costringa il bambino stesso a una
distorsione percettiva delle proprie
esigenze motivazionali fino a fargli
costruire delle associazioni errate tra
"desiderio" e "bisogno".
Il bambino inizia a rappresentare le
motivazioni di compromesso come un'esigenza
esprimendo il desiderio della soddisfazione
di un bisogno attraverso oggetti e strumenti
inadeguati.
Si verifica che il desiderio tende ad
allontanarsi dal bisogno di base (la
necessità). Maggiore è la distanza tra il
bisogno e il desiderio maggiore potrebbe
essere la gravità del sintomo fino al
costituirsi di una vera e propria sindrome
psichica, ma questo si inserisce in un
preciso quadro di personalità, personalità
che si costruisce a sua volta sulla base di
un rapporto tra i bisogni fondamentali e i
desideri. Il desiderio rappresentato come
motivazione, può essere un desiderio della
madre introiettato, ad esempio, ovvero una
richiesta ambientale. Un mancato
riconoscimento dei bisogni fondamentali del
bambino (bisogni inseriti all'interno di un
quadro complesso di sistemi motivazionali),
una carenza da parte dell'ambiente, forza il
bambino (ai fini della propria
sopravvivenza) a riconoscere erroneamente il
suo bisogno con quello interpretato dalla
madre, dall'ambiente, dai caregiver, che non
riesce ad adeguarsi alle richieste
motivazionali del bambino. Questo crea un
desiderio relativo al soddisfacimento del
nuovo bisogno che però ha preso le distanze
dalle reali esigenze. Sto parlando di errate
convinzioni che possono determinare il
comportamento non funzionale. Infatti se le
mie azioni fossero determinate da errate
convinzioni circa il funzionamento delle
cose probabilmente l'effetto che otterrò è
di non raggiungimento del risultato in modo
adeguato.
I desideri, che si formano secondariamente
rispetto ai bisogni, possono essere
espliciti, impliciti, consci ed inconsci
(anche se al termine inconscio, molto
filosofico, preferirei il termine
subliminale). Il punto è che credo che
distinguere con chiarezza il bisogno dal
desiderio possa essere fondamentale per una
nuova psicologia scientifica. Con bisogno,
per ora, dirò che mi riferisco a una
necessità per l'organismo. Dal punto di
vista dell'organismo non c'è un bisogno di
cibo ad esempio, ma ci può essere un più
generico bisogno di "nutrizione" intesa come
necessità di un ripristino di un equilibrio
psicofisiologico dovuto alle modificazioni
centrali e periferiche determinate dalla
mancanza di nutrienti. Il cibo è invece un
oggetto. Il soggetto quindi potrà
"desiderare il cibo", solo per fare un
esempio, al fine di soddisfare il bisogno di
nutrizione. Il bisogno è a-oggettuale,
invariabile e specie-speficio. Mentre il
desiderio può essere altamente variabile in
quanto corrisponderebbe alla ricerca
dell'oggetto. Oggetto che può essere della
realtà condivisa ma anche semplicemente
un'idea, un'astrazione o, più in generale,
una rappresentazione emotocognitiva. Quando
parlo di rappresentazione "emotocognitiva"
(un mio neologismo) mi riferisco a un nuovo
modo di concepire il nostro funzionamento.
Non esisterebbe una cognizione scissa da una
emozione anche se linguisticamente vengono
distinti. Per la nostra fisiologia
esisterebbe invece soltanto ed
esclusivamente una emotocognizione. Un unico
processo. Pertanto ciò che linguisticamente,
quindi concettualmente, separiamo nella
nostra realtà funzionale sarebbe una cosa
sola. Consiglio quindi a psicologi,
professionisti della salute e più in
generale a tutti di iniziare a prendere
dimestichezza con tale nuova terminologia e
iniziare ad avere una rappresentazione
linguistica più aderente alla realtà nel
nostro funzionamento.
a cura di Marco Baranello
Baranello, M. (1999)
Per una psicologia dei bisogni e desideri.
SRM Psicologia Rivista (www.psyreview.org).
Roma, 10 luglio 1999. |