Relativamente a quanto ho già avuto modo di
affermare in merito a una nuova psicologia
che tenga conto della differenziazione
concettuale tra i bisogni e i desideri, mi è
stato chiesto che ruolo avesse il piacere.
Il piacere, inteso nel senso comune, diviene
il mezzo attraverso il quale l'essere umano
direbbe a se stesso di agire per la
soddisfazione di un bisogno fondamentale.
Così, ad esempio, l'atto sessuale è, salvo
eccezioni, piacevole e questo suo essere
tale permette all'essere umano di iniziare
il programma di attività sessuale che in
fondo a tutto ha come obiettivo palese la
continuità della specie (cioè la
trasmissione del patrimonio genetico).
Il punto è che, secondo questo nuovo
approccio, il piacere non rappresenta
l'obiettivo, sia ben chiaro. Puntiamo
l'attenzione sul termine "media", "mezzo",
"strumento". Tant'è vero che per ottenere
una soluzione a un problema l'essere umano è
in grado di sostenere e sopportare pratiche
anche non piacevoli (pensiamo banalmente a
una medicina amara!). Il piacere della
soluzione di un problema può quindi passare
per esperienze di non piacere. Il piacere
che si ricerca è quello della soddisfazione
del bisogno. Ad esempio può essere
"piacevole" un'esperienza di vincita di
molto denaro ma il piacere non è legato al
denaro né alla semplice possibilità di
realizzare desideri ma è legato alla
possibilità di soddisfacimento di bisogni.
E' un punto cruciale e fondamentale e non è
soltanto una sfumatura linguistica.
Il piacere è una motivazione secondaria in
questo caso, non un bisogno fondamentale.
Però è necessario, come lo è il dolore. Il
piacere legato alla ricerca dell'oggetto
(legato all'aumento di tensione) non è
un'esperienza generalizzata (esiste una
sensazione soggettiva di benessere non
specifico dovuta ad esempio ad un
abbassamento delle tensioni in generale).
Esistono diverse forme di piacere legate a
ogni attività e questo proprio per
promuovere tutte le attività e quindi
cercare di soddisfare tutti i bisogni
primari.
L'esperienza di piacere legata
all'allattamento e alla vicinanza della
madre, permette al bambino di "ricercare"
tale oggetto. Il punto è che tale esperienza
non è detto che sia necessariamente
piacevole. In caso non lo fosse il bambino
tenderebbe ad evitarla il più possibile e la
ricercherebbe esclusivamente per stretta
necessità. Il problema è che se la
regolazione non fosse piacevole si creerebbe
nel soggetto una falsa associazione tra
bisogno e desiderio che potrebbe portare a
uno sviluppo patologico della personalità.
Infatti non è la ricerca del piacere che
conta ma la ricerca di un oggetto attraverso
il quale si possano avere esperienze
gratificanti di soddisfazione del bisogno.
La "spinta" motivazionale può essere la
necessita di essere sfamato, accudito oppure
una motivazione all'attaccamento, ad
esempio. In definitiva, lo ripeto, il
piacere è lo strumento (il mezzo) che
permette di espletare alcune funzioni
necessarie: i bisogni (o fattori
motivazionali primari, o sistemi
motivazionali primari). Per utilizzare una
metafora, come alcuni confondono il denaro
con ciò di cui si ha necessità, così può
accadere per il piacere. Credere
erroneamente che si ricerchi il piacere in
quanto tale, in modo diretto e immediato,
può determinare comportamenti impulsivi e
disfunzionali.
È più frequente sentir dire "vorrei molti
soldi per potermi permettere delle
soddisfazioni" rispetto al dire "vorrei
essere soddisfatto". Questo esempio mi aiuta
a spiegare che le errate convinzioni, quindi
la costruzione di emotocognizioni errate, è
piuttosto frequente. Questo perché, secondo
il mio punto di vista, manca una nuova
teoria generale sul funzionamento dei
sistemi come l'essere umano e quindi manca
di conseguenza un'educazione a tale nuova
cultura scientifica. Stiamo studiando per
porre le basi, ci vorranno ancora anni per
arrivare a un paradigma efficace e,
probabilmente, ci vorranno secoli prima che
ciò entri a far parte della nostra cultura
di base.
a cura di Marco Baranello
Baranello, M. (1999)
Il piacere nella psicologia dei bisogni e
desideri.
SRM Psicologia Rivista (www.psyreview.org).
Roma, 20 ottobre 1999.
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