Diagnosi e
Comprensione delle Personalità Borderline |
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Lettere P & Q - dizionario di psicologia online |
termini della psicologia
concetti più utilizzati in psicologia, psichiatria,
psicoanalisi, neuroscienze e affini |
passaggio all'atto.
v.
acting-out |
pensiero
dicotomico (teorie cognitive). Distorsione
cognitiva che consiste nel categorizzare le esperienze
in uno di due estremi. |
periodo di latenza
(psicoanalisi). Periodo (o fase) relativamente inerte
dello sviluppo psicosessuale, compreso tra i 6 anni e
la pubertà. |
personalizzazione
(teorie cognitive). Distorsione cognitiva che consiste
nell'attribuire eventi esterni a sé senza prove che
sostengano una connessione causale. |
psichiatria. La
psichiatria è una branca ed una specializzazione medica
che si occupa dell'intervento medico nel campo della
psiche. Letteralmente significa medicina della psiche.
La psichiatria, come area di specializzazione, non
esclude ogni altro medico dalla cura dei problemi
mentali. Infatti uno dei più comuni errori è definire un
disturbo cosiddetto mentale come una "malattia
psichiatrica" o un "disturbo psichiatrico" quasi a voler
identificare che la terapia più adatta o l'unica forma
di cura sia quella psichiatrica. Quello di psichiatra è
esclusivamente un titolo di specializzazione. L'oggetto
d'intervento dello psichiatra è esattamente lo stesso su
cui può intervenire, in ambito sanitario, un medico od
uno psicologo, indipendentemente dall'essere o meno
specializzato. Ciò che differenzia infatti una
prestazione è lo strumento utilizzato e non la finalità
(che in ambito sanitario è sempre la cura della persona)
né l'oggetto dell'intervento. Inoltre va specificato che
un medico anche se psichiatra e/o psicoterapeuta non può
utilizzare il "colloquio psicologico" (riservato agli
psicologi) ma può utilizzare il "colloquio medico" o se
specializzato in psicoterapia "il colloquio
psicoterapico" sullo stesso oggetto e per le stesse
finalità. Ciò che cambia è il nomenclatore ovvero lo
strumento utilizzato. Per finalità di cura in ambito
psicologico lo psicologo usa strumenti conoscitivi e
d'intervento psicologici, per finalità di cura in ambito
medico, il medico usa strumenti conoscitivi e
d'intervento in ambito medico. La specializzazione in
psichiatria o in psicoterapia non esclude il medico o lo
psicologo dall'ambito delle rispettive cure (nei propri
settori) e il trattamento di specifici disturbi non è
limitato ai soli psichiatri o psicoterapeuti. Questo
perché costituzionalmente la scienza è libera e vige il
diritto democratico alla libertà della scelta della
cura. Se una cura di uno specifico problema fosse
limitata ad un solo campo non sarebbe possibile
sviluppare nuovi studi in altri campi, non sarebbe
possibile innovare e dimostrare altro da ciò che sarebbe
deciso istituzionalmente. Mentre è noto a tutti che
esistono molte "terapie alternative" che non rientrano
né nel campo medico né in quello psicologico. Il che
dimostra ancora una volta che il termine terapia è
trasversale sia alle professionisti sanitarie che a
quelle non sanitaria. |
psicologia clinica.
Nella sua più asciutta definizione la psicologia
clinica, indipendente ad ogni modello teorico che ne
possa denaturare l'essenza, è quella branca della
psicologia che si occupa dello studio e della cura del
paziente affetto da patologia in ambito psicologico
attraverso strumenti conoscitivi e d'intervento in
ambito psicologico. |
psicologia
emotocognitiva (Baranello, M.). La psicologia
emotocognitiva è l'applicazione nelle scienze
psicologiche della teoria emotocognitiva, il modello
teorico elaborato dallo
psicologo e scienziato italiano Baranello che lo ha proposto per la prima
volta nel 1997 come "psicologia dei bisogni e
desideri" successivamente il nome del modello si
è trasformato fino ad arrivare tra il 2001 e il 2003 all'attuale
nomenclatura di "psicologia emotocognitiva".
Il modello nasce dalla iniziale necessità dell'autore di una
differenziazione concettuale tra "bisogni" e
"desideri" che tenesse conto di un'ottica soggettiva
relativa al sistema preso come riferimento. La Psicologia
Emotocognitiva è un modello che nasce da una matrice
psicodinamica, per poi
integrarsi con le attuali conoscenze e ricerche in
scienze psicologiche e neuroscienze. E' un modello che
si definisce sistemico-relativista ad
approccio psicofisiologico.
Per la psicologia emotocognitiva un evento è
determinato da processi bio-psico-sociali in continuo
cambiamento e il lavoro clinico si centra soprattutto
sul qui-e-ora e sulla percezione del futuro prossimo
da parte del sistema. Il passato viene utilizzato
soltanto per comprendere i fattori bio-psico-sociali
che contribuiscono al mantenimento di un problema.
Lo psicologo a indirizzo emotocognitivo si
chiede cos'è che mantiene un problema piuttosto che
da dove è nato, considerando le vere cause di un
problema sempre agenti nel qui-e-ora della
manifestazione di un disturbo. La psicologia
emotocognitiva distingue infatti gli elementi
scatenanti dalla reale causa del problema e
interviene necessariamente su quest'ultima. L'intervento clinico in psicologia
emotocognitiva si configura tra i trattamenti
psicologici brevi. La psicologia emotocognitiva
definisce lo stesso concetto di psicologia come
"la scienza che studia i processi di
organizzazione di un sistema di riferimento"
ovvero come "la scienza che studia il modo in cui un sistema di riferimento si organizza per il
proprio sviluppo e mantenimento dinamici". Questa
nuova concezione sistemico-relativista rende il modello uno
strumento di intervento psicologico sia nei settori
clinici e sanitari che in ogni altro contesto
sistemico (istituzioni, comunità, organismi sociali).
Concetti base dalla psicologia emotocognitiva sono
quelli di bisogno, desiderio, sistema, campo di
esperienza, trauma
primario e trauma secondario, trauma cumulativo
dinamico, mappa traumatica, microtrauma,
armonica e armonizzazione, loop disfunzionale, schema ABC
emotcognitivo, evitamento fobico della
sofferenza, scala V.R.E.T., schema A.R.R., memoria
emotocognitiva, ecc... |
psicoterapia.
psicoterapia significa letteralmente "terapia della
psiche" (etimologicamente cura dell'anima) NON
significa ovviamente "terapia psicologica".
In Italia è una specializzazione riservata a medici
e psicologi. NOTE CRITICHE SULLA PSICOTERAPIA.
La terapia
psicologica, a differenza della psicoterapia,
rappresenta la cura attraverso mezzi psicologici (ovvero
secondo la logica della psiche). I teorici delle "terapie psicologiche" diverse
dalla psicoterapia infatti fanno capo ad una visione
molto diversa della psicopatologia non considerando nei
fatti l'esistenza di malattie della psiche ma soltanto
di logiche della psiche.
In Italia la psicoterapia rappresenta un titolo di
specializzazione comune sia a medici che a psicologi, il
ché significa che non è necessaria una conoscenza
universitaria in psicologia per specializzarsi in
psicoterapia. Infatti lo psicoterapeuta
indipendentemente se laureato in psicologia o in
medicina utilizza procedure e pratiche specifiche della
scuola di psicoterapia che ha frequentato. Che inoltre
sia un titolo utilizzato in particolare per finalità
concorsuali lo dimostra il fatto che viene attribuito
per equipollenza anche a coloro che hanno frequentato
altre specializzazioni come, in ambito psicologico,
"valutazione e counselling", "psicologia della salute",
o in ambito medico "psichiatria". Il termine
"riconoscimento" di una scuola di psicoterapia è un
termine prettamente giuridico e significa esclusivamente
che viene riconosciuto a un sede fisica di una scuola
la possibilità di attivare corsi finalizzati al rilascio
del titolo di specializzazione in psicoterapia quindi
non indica un riconoscimento scientifico istituzionale.
Di fatto la psicoterapia in Italia è quindi un
titolo di specializzazione. La procedura è
data dal modello teorico di riferimento. La psicoterapia
rappresenta quindi un ambito ristretto degli interventi
medici o psicologici e non è assimilabile completamente
né con l'uno né con l'altro. La psicoterapia si
differenzia dalla terapia psicologica (che invece è
l'insieme delle procedure puramente psicologiche per
finalità sanitarie in ambito psicologico) e dalla
terapia medica e medico-chirurgica (che invece è
l'insieme delle procedure puramente mediche per finalità
sanitarie in ambito medico-chirurgico).
Ciò che differenzia le professioni orientate alla tutela
della salute e sanitarie non è l'oggetto dell'intervento
(medico e psicologo si occupano sempre di disturbi) né
l'obiettivo dell'intervento (tutte le prestazioni
sanitarie sono orientate alla cura della persona) ma è
lo strumento utilizzato. Dove il medico utilizza
strumenti medici e/o chirurgici, lo psicologo utilizza
strumenti psicologici per le stesse finalità di cura e,
in moltissimi casi, anche per gli stessi disturbi. Lo
psicoterapeuta, invece, usa strumenti definibili
psicoterapici che non possano essere assimilabili
completamente né all'una né all'altra professione. La
psicoterapia quindi NON è l'unica cura di disturbi
psicologici e NON è una terapia psicologica.
Inoltre il fatto che ai medici sia preclusa la
possibilità di accesso alle scuole di specializzazione
in psicologia clinica ma garantito l'accesso alle scuole
di specializzazione in psicoterapia ad indirizzo di
psicologia clinica fa capire pacificamente che le cure
psicologiche pure sono differenziate dalle cure
psicoterapiche anche se nei contenuti (indirizzo e
orientamento) possono essere del tutto simili. Il
medico-psicoterapeuta infatti non diviene
automaticamente psicologo e non può utilizzare
strumenti riservati alla professione di psicologo. |
prevenzione
psicologica. La prevenzione, in psicologia come
in medicina, è definibile come l'intervento atto a
ridurre rischi, cronicizzazioni o aggravamenti ed
esacerbazione di una
specifica situazione patologica. La prevenzione è
distinguibile per gradi in 1. prevenzione primaria.
L'intervento in questo caso è teso a fornire buone
prassi od organizzare / riorganizzare risorse o
modificare comportamenti che, basandosi su specifiche
teorie o studi scientifici, si siano rilevati fattori di
rischio patogenetico. 2. prevenzione secondaria.
Comprende l'intervento diagnostico rispetto a una
specifica patologia, problema, sintomo o disturbo e
l'intervento sui fattori di rischio che possono produrre
esiti più gravi. 3. prevenzione terziaria quando
un fenomeno abbia compromesso già molte funzioni che
potevano essere risolte grazie ad interventi più
precoci, si interviene per la terapia di un disturbo
per recuperare la salute del soggetto e prevenire i
rischi legati a un perpetuarsi a della situazione
patologica.
L'intervento di prevenzione non è mai scisso
dall'intervento di valutazione del rischio, diagnosi e
cura che sono intrinseci alla prevenzione. E' pacifico
che per impedire il suicidio in un soggetto a rischio di
che presenta già sintomi come l'autolesionismo, disturbi
di personalità
o una conclamata depressione è necessario portare a
remissione la patologia in atto, quindi
curare/correggere. |
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QI (quoziente di intelligenza).
Corrisponde al rapporto età mentale / età
cronologica x 100. Tra i valori 85 e 115,
l'intelligenza è considerata "normale". Al
di sotto di 85, si considera un deficit intellettivo,
nello stesso modo in cui, al di sopra di 115, si stima
che il soggetto abbia un'intelligenza superiore. |
quadro
di riferimento interiore (terapia centrata
sull'individuo). Visione o percezione del mondo e di Sé
propria dell'individuo; si distingue dal punto di
vista di un osservatore esterno, di uno psicoterapeuta
di un'altra persona. |
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