Il disturbo di panico non è una malattia ma,
appunto, un disturbo che quindi non va
"curato" in senso classico ma corretto. Il
disturbo da attacchi di panico, oggi
disturbo di panico, è un problema
tra i più
frequenti in ambito psicologico e
rappresenta, secondo la teoria
emotocognitiva di Baranello, una forma disfunzionale di
organizzazione psicofisiologica che può
arrivare a essere estremamente invalidante
compromettendo la vita di una persona dal
punto di vista personale, relazionale,
sociale, lavorativo (o scolastico).
Fortunatamente l'alta diffusione della
sintomatologia ci ha permesso in questi anni,
attraverso una costante ricerca-intervento, di
trovare nuove ed efficaci possibilità di
trattamento in tempi davvero molto brevi. In
questo articolo parleremo dei principali
sintomi del panico, della
comprensione secondo la nostra teoria
emotocognitiva e delle attuali possibilità
di trattamento psicologico riabilitativo
in tempi brevi, senza uso di farmaci e senza psicoterapia.
Quello che stiamo studiando e ciò che siamo
riusciti a ottenere è un risultato
importante. La possibilità di intervenire
realmente nel qui-e-ora. Non più attenzione al passato o arbitrarie
cause inconsce, non più vecchi concetti di
"trauma". Le vecchie teorie appartenenti
alla psicologia filosofica sembrano infatti
confondere il concetto reale di
"causa" con il concetto di "elementi
scatenanti". La causa reale di un sintomo o
di una sindrome, secondo le innovazioni
prodotte dalla nostra teoria
emotocognitiva, agirebbe invece
contemporaneamente all'evidenziarsi
dell'effetto, risiede esclusivamente nel qui-e-ora,
nel reale presente, dell'organizzazione
psicofisiologica e, pertanto, può essere
risolta agendo direttamente su questo "qui-e-ora"
sull'oggi
della manifestazione del problema. Non va
confuso poi il sintomo, che per Baranello
altro non sarebbe che la risposta funzionale
dell'organismo a una variazione del sistema
di riferimento, con il disturbo che invece è
il mantenersi a livello longitudinale della
sintomatologia associata a disagio e a una
qualche compromissione del funzionamento.
Tornando al contenuto di questo testo, il
disturbo di panico, va subito detto che un "episodio di panico"
è molto comune nella popolazione generale e
non rappresenta di per sé un disturbo.
L'episodio, descritto nella sezione dedicata
alla diagnosi, è una reazione spontanea
involontaria dell'organismo a un incremento
di tensione psicofisiologica che, in
psicologia emotocognitiva, definiamo
tensione a-specifica, ovvero senza oggetto.
Quando l'episodio di panico è successivo
all'esposizione a specifiche situazioni è
molto più probabile che ci si trovi davanti
ad una fobia anziché ad un vero e proprio
disturbo di panico.
Per esemplificare immaginiamo una fobia
tipo animali. Sintomi dell'attacco d'ansia
(attacco di panico o crisi d'ansia) dovuti all'esposizione a un cane
(vista del cane, pensiero che possa esserci
un cane), tali che la persona tende ad
evitare la presenza o soltanto la vista di
un cane, rappresentano una reazione
sollecitata da uno stimolo. In questo caso
la diagnosi è più probabilmente è di fobia
specifica tipo animali anziché di disturbo
di panico.
L'attacco di panico come disturbo, invece,
non si presenta con l'esposizione a una
situazione temuta ben definita, ma
improvvisamente, diremo come un "fulmine a
ciel sereno", senza cioè un oggetto
specifico o una chiara situazione in grado
di provocarlo. Può quindi capitare
teoricamente ovunque e non va confuso con le
situazioni che la persona tende ad evitare
per ansia anticipatoria di poter avere una
crisi d'ansia.
La maggior parte delle persone che soffre di
disturbo di panico si trova
nella condizione in cui preferisce evitare
buona parte dei luoghi e delle
situazioni in cui ritiene sarebbe difficile
trovarsi in caso si sviluppasse una crisi di
panico (sintomi agorafobici). Così ad esempio le prime cose che
generalmente vengono evitate sono i mezzi di
trasporto, in particolare metropolitane e
aerei, spostamenti in solitario, luoghi
affollati fino ad attività di svago come
cinema, teatro, ecc. Tutti quei luoghi in
cui potrebbe essere imbarazzante trovarsi
oppure dai quali sarebbe difficile uscire o
trovare un aiuto in caso di episodi di
panico ed ansia. Ci sono casi in cui la
persona non evita direttamente luoghi o
situazioni, sono persone che si sforzano di
mantenere una vita normale ch cercano di non
essere succubi del disturbo. Sono persone
però che vivono tali situazioni con
fortissimo senso di disagio, con fatica e
enorme sforzo.
Ben presto però l'evitare situazioni, o il
tentare di controllare con sforzo, porta
allo sviluppo di una condizione reattiva
allo stato d'ansia che può presentarsi anche
come un'alterazione del tono dell'umore in
senso depressivo o come una sensazione di
abbattimento o pessimismo rispetto al
problema.
Tra le strategie messe in atte in modo
autonomo dalla persona che soffre di
attacchi di panico o ansia anticipatoria c'è
chi si fa accompagnare, chi cerca aiuto o
costanti
rassicurazione, chi porta sempre con sé
farmaci, acqua o altri rimedi e c'è anche
chi evita addirittura di
uscire dalla propria città, dal proprio quartiere o chi smette del tutto di uscire di casa.
Queste persone però non risolvono l'attacco
di panico ma cercano volontariamente di
controllarne l'insorgenza senza un reale
successo. Infatti, secondo la nostra teoria
emotocognitiva, ogni azione volontaria atta
ad evitare la sensazione di sofferenza
primaria (Baranello, 2006b) associata
all'idea di poter avere un attacco di
panico, porta come conseguenza la conferma
psicofisiologica del problema al quale
l'organismo reagisce proprio con il
mantenimento del disturbo. In pratica ci si
troverebbe incastrati in un circuito chiuso
ridondante definito "Loop Disfunzionale"
(Baranello, 2006a). La maggior parte delle
persone che soffre di disturbo da attacchi
di panico nella propria storia ha preso
farmaci con azione ansiolitica molto spesso
somministrati direttamente dal medico di
base. Altri pazienti abbinano farmaci
ansiolitici con antidepressivi, altri
ancora, soprattutto chi rifiuta il farmaco,
cerca soluzione nelle cure omeopatiche o in
tecniche di rilassamento od altre cure
"alternative". Anche queste forme di
trattamento, nella maggior parte dei casi,
falliscono rispetto all'obiettivo generale
di riabilitazione, in quanto rappresentano metodi di tipo
palliativo, tesi alla gestione dei sintomi
piuttosto che alla soluzione del disturbo.
Per questo la persona tende a ricorrere
costantemente a uno o più rimedi, cosa che
invece non accadrebbe se il disturbo proprio
non ci fosse, se fosse completamente
risolto. L'effetto prodotto da questi
metodi in genere è quindi temporaneo e non a lungo
termine, un sollievo momentaneo che può
essere utile in urgenza durante il primo
vero attacco di panico. Per poter operare
però una riabilitazione funzionale e quindi
portare in tempi brevi il disturbo di panico
verso una remissione completa occorre procedere con
interventi che vanno a scardinare i
processi psicofisiologici che mantengono il
disturbo, quelle che abbiamo già indicato
come le vere cause del problema, quelle
agenti nel qui-e-ora della manifestazione
sintomatologica. Per la teoria
emotocognitiva di Baranello un disturbo va corretto e la
persona deve poter tornare a essere libera,
libera dal panico e quindi libera dalle cure
stesse. L'obiettivo sanitario in psicologia
deve essere quello, ove possibile, di una
riabilitazione completa a lungo termine.
In psicologia emotocognitiva preferiamo dire
che è meglio risolvere un problema anziché
conviverci. Inoltre va ricordato che un
problema che ancora non è stato risolto non
è detto che sia irrisolvibile ma che forse
non è stata utilizzata la metodologia
adeguata o la teoria appropriata. Molte
persone che si rivolgono presso i nostri
studi di psicologia emotocognitiva spesso
dichiarano di convivere con il problema da
una vita, dieci, venti anni, affermando di
averle provate tutte. La maggior parte delle
persone che si rivolge ai nostri psicologi
emotocognitivi sono passati in precedenza da
trattamenti con psicofarmaci o con
psicoterapia o, più spesso ancora, da
trattamenti combinati tra i due, senza
trovare però una vera e definitiva soluzione
ma convinti che debbano convivere con un
problema e gestirlo per tutta la vita, con i
suoi alti e bassi, con uno sforzo costante
che porta, inevitabilmente, a una forte
sensazione di pessimismo e stanchezza nei
confronti dei trattamenti stessi.
Per questo i nostri trattamenti non
utilizzano né psicofarmaci, né psicoterapia.
Utilizziamo esclusivamente colloquio
psicologico e metodologie prettamente
educative. Il paziente parla pochissimo
mentre sono i nostri professionisti che
spiegano come funziona e come fare. La
scienza fortunatamente va avanti e le nostre
ricerche stanno sempre di più aprendo la
strada a nuove opportunità. Opportunità per
tutti noi di avere a disposizione nuove
soluzioni (centro
di psicologia)
e anche opportunità per tutti gli psicologi
di poter apprendere (www.scuolapsicologia.com)
nuove teorie e nuove forme di trattamento
per garantire la tutela della salute ai
propri pazienti.
L'intervento d'elezione quindi per la cura di
riabilitazione funzionale degli attacchi di
panico con o senza diagnosi di agorafobia,
non dovuti a condizioni mediche generali e
non dovuti agli effetti fisiologici diretti
di sostanze, secondo il nostro approccio è
un trattamento
prevalentemente educativo, senza uso di farmaci (quindi
senza gli effetti collaterali degli stessi).
Secondo la teoria emotocognitiva inoltre è
possibile intervenire per obiettivi
riabilitativi, quindi per il recupero della
funzioni/abilità compromesse senza ricorso a
forme di psicoterapia.
Attraverso una terapia psicologica di
riabilitazione, o con interventi prettamente
educativi, secondo l'orientamento di
psicologia emotocognitiva, si interviene
nello scardinare i processi di mantenimento
del problema, senza indagare il passato o
relazioni pregresse, senza tecniche di
esposizione, senza interpretazioni
simboliche, senza ricorso a ipnosi e senza
inganni terapeutici, ma focalizzando il
trattamento sul qui-e-ora del problema,
sulle reali cause agenti nel presente della
manifestazione sintomatologica, per
orientare l'intervento verso un immediato futuro di remissione spontanea,
in genere in tempi molto brevi rispetto al
numero complessivo di sedute.
Per la teoria emotocognitiva ogni disturbo,
quando non dovuto ad altre condizioni
fisiologiche, si mantiene per errate
convinzioni sul proprio funzionamento
psicofisiologico e organizzativo. Questo porta la persona a
mettere in atto azioni di pensiero e
comportamento che, con tutte le buone
intenzioni, in realtà non producono
l'effetto terapeutico sperato, anzi, nella
maggior parte dei casi sono proprio azioni
che tendono a mantenere nel tempo sintomi e
problemi, facendo precipitare la persona
all'interno di un vero e proprio disturbo,
in quello che la teoria emotocognitiva ha,
come detto, definito "loop disfunzionale".
Gli attacchi di panico, altrimenti noti come
crisi d'ansia, e i disturbi d'ansia in
genere oggi trovano soluzione, nella maggior
parte dei casi trattati, in tempi davvero molto brevi
(in termini di sedute complessive)
senza uso di psicofarmaci e senza a
estenuanti forme di
psicoterapia. Le nuove forme di intervento
riabilitativo attraverso il colloquio
psicologico e strumenti di tipo educativo,
come suggerisce la nostra teoria
emotocognitiva, vanno a scardinare il "loop
disfunzionale" ovvero i processi
psicofisiologici che stanno mantenendo in
questo momento il problema. Tutte le diverse
teorie applicate in ambito psicologico,
compresa la teoria emotocognitiva, vanno a
lavorare sulle cause di un disturbo.
La grande differenza proposta dalla teoria
emotocognitiva è aver definito la vera causa di
un disturbo come agente esclusivamente nel qui-e-ora della manifestazione del sintomo e
non legata al passato. La teoria
emotocognitiva distingue infatti la reale
causa di un problema da quelli che potremmo
definire semplicemente "fattori scatenanti".
La nostra teoria
suggerisce che la classica psicologia a
impostazione filosofica e la vecchia
psicoterapia in realtà tentavano di agire
sull'elaborazione dei fattori scatenanti,
anziché agire realmente sulla vera causa di
sintomi e disturbi. Per questo i vecchi
trattamenti a impostazione filosofica hanno
dimostrato scarsa capacità predittiva circa
gli esiti del trattamento e hanno prodotto
trattamenti lunghi e spesso senza una realtà
soluzione del problema. Tanto è vero che la
stessa psicoanalisi non dichiara come
obiettivi la cura di sintomi e disturbi in
tempi brevi ma piuttosto la "conoscenza di
sé". Al contrario per Baranello ognuno di
noi in realtà conosce perfettamente se
stesso e, quando si trova in una posizione
di disturbo, quello che semplicemente non
conosce è COME FARE per risolverlo.
Obiettivo del professionista è quindi
offrire soluzioni concrete alla richiesta di
tutela della salute della persona. La
questione di "capire sé stessi" anche
secondo noi è importante, ma chi ci dice con
sicurezza che come siamo e come funzioniamo
sia soltanto quello che dice la
psicoanalisi? Se il nostro vero
funzionamento fosse altro, se nuove scoperte
dimostrassero cose che ancora non
conosciamo? E' questo il senso della ricerca
scientifica, la ricerca costante di modelli
in grado di spiegare in modo sempre più
completo, efficace e più vicino possibile
alla verità, i processi del nostro
modo di funzionare. Perché capire come
funziona significa capire come fare.
La teoria emotocognitiva si pone quindi come
una nuova visione sul nostro funzionamento,
scardinando quei vecchi concetti filosofici
e sostituendoli con una nuova visione
aggiornata e aderente a una concezione
funzionale che sia sempre più scientifica,
predittiva e ripetibile nei risultati.
Rivolgersi quindi a uno psicologo esperto in grado
di utilizzare una psicologia scientifica, e
sfruttare al meglio l'uso del colloquio
psicologico e di metodologie psicoeducative orientate secondo la
nuova teoria
emotocognitiva, permetterebbe, quando il
disturbo di panico non è giustificato da condizioni
mediche generali come gravi forme di
ipertiroidismo o problematiche cardiache o
altre condizioni fisiologiche, di riabilitare la persona
affetta dal disturbo di panico in tempi
brevi e sostenibili. Grazie a queste nuove
opportunità oggi abbiamo molta più libertà
di scelta. La libertà di scegliere tra più
trattamenti e metodologie. Chi vuole
utilizzare psicofarmaci sarà libero di
farlo, così come chi vuole utilizzare forme
di psicologia filosofica o psicoterapie
lunghe allo stesso tempo, però, dobbiamo
garantire a tutti anche la libertà di poter
utilizzare nuove possibilità, nuove forme di
trattamento. Perché è nella libertà di
scelta la nostra reale tutela. |