Raid razzista a Macerata. Questione socio-politica o disturbo antisociale di personalità? Il caso di Luca Traini ci aiuta a riflettere su patologia psicologica e sociale
Macerata. In questi giorni, nel pieno della campagna elettorale per le politiche italiane, un caso di cronaca impera nei nostri media. E’ il caso del RAID contro immigrati extracomunitari a Macerata ad opera di Luca Traini. In questa sede non affronteremo il discorso dal punto di vista politico ma da un’ottica psicologica e psico-sociale nelle quali la politica fa soltanto da sfondo, è soltanto un pretesto per giustificare condizioni di disagio verosimilmente molto più personali. La maggior parte delle persone ha bisogno di una sorta di “capro espiatorio” quale motivazione di una sofferenza, in fondo il detto “piove governo ladro” la dice lunga sulla questione.
Il caso di Luca Traini e il suo personale RAID anti immigrato e alcuni aspetti del suo comportamento emersi dalla cronache ci offre lo spunto per parlare di uno specifico disturbo di personalità, il disturbo antisociale, del quale spesso soffrono coloro che commettono azioni di questo tipo. Ci teniamo a specificare che questo non è un tentativo di diagnosi a distanza e non vogliamo certo affermare che Luca soffra di questa psicopatologia senza avere dati sufficiente al riguardo. Il caso in questione ci offre però la possibilità di parlare di quelle situazioni nelle quali si evidenzia un vero e proprio disturbo.
Iniziamo subito con lo specificare che essere affetti da un disturbo antisociale di personalità non significa “non essere in grado di intendere e di volere” tutt’altro. E’ una condizione di personalità disturbata ma che non intacca il piano di realtà. Non si tratta di psicosi o schizofrenia per le quali la persona invece non ha alcuna aderenza a quello che abbiamo già indicato come “piano di realtà”. Nel disturbo antisociale si ha una visione chiara delle cose pur condizionata da una propria visione personale. L’adesione di un soggetto antisociale ad alcuni gruppi ideologici ci fa capire come il soggetto non abbia difficoltà a intrattenere relazioni. Le sue pianificazioni sono in genere dettate dall’impulsività e solo apparentemente appare disorganizzato. Quello che manca è una capacità di “introiettare la norma”. Il soggetto antisociale rende la propria posizione ideologica superiore alla norma sociale, il concetto di “GIUSTO PER ME” diviene assoluto.
Da un punto di vista psico-sociale accade che tale posizione, comunicata attraverso i media, troverà accordo in alcune persone o gruppi che si potrebbero percepire meno isolati. Questo può esitare in un un “movimento” di sostegno di tale posizione creando gradualmente una vera e propria “patologia sociale”, un’emergenza sul territorio. In realtà persone isolate o gruppi isolati si uniscono soltanto dal punto di vista ideologico e non organizzativo. A differenza delle organizzazioni criminali dove c’è una struttura identica a quelle aziendali, in questi casi l’iniziativa è strettamente personale (o di piccoli gruppi). Dal punto di vista psicosociale avviene che tali fatti di per sé isolati vengano collocati, soprattutto dai media, all’interno di uno stesso nomenclatore dando vita a un fenomeno che sembra sempre più esteso di quello che è in realtà. Dalla patologia individuale si passa così a una patologia sociale.
Vediamo ora come i manuali diagnostici e statistici dei disturbi mentali descrivono il disturbo antisociale di personalità.
per il DSM-5 (APA, 2013) il disturbo antisociale si presenta come “un pattern pervasivo di inosservanza e di violazione dei diritti degli altri che si manifesta fin dall’età di 15 anni associato a un disturbo della condotta con esordio prima dei 15 anni di età, come indicato da almeno tre dei seguenti elementi: 1) incapacità di conformarsi alle norme sociali per quanto riguarda comportamento legale, come indicato da atti passibili di arresto; 2) disonestà, come mentire ripetutamente, usare falsi nomi o truffare gli altri, per profitto o per piacere personale; 3) impulsività o incapacità di pianificare; 4) irritabilità e aggressività, come ripetuti scontri o aggressioni fisiche; 5) noncuranza sconsiderata della sicurezza propria e degli altri; 6) irresponsabilità abituale, come ripetuta incapacità di sostenere un’attività lavorativa continuativa o di far fronte a obblighi finanziari; 7) mancanza di rimorso, come indicato dall’essere indifferenti o dal razionalizzare dopo aver danneggiato, maltrattato o derubato un altro.”
Anche se nella valutazione diagnostica si ha necessità che ci sia in anamnesi un disturbo della condotta prima dei 15 anni di età questo non significa che tutti i ragazzi con “disturbo della condotta” sviluppino un disturbo antisociale.
Non è comunque sufficiente un solo criterio tra quelli elencati per definire un disturbo grave come il disturbo antisociale di personalità. E’ necessario che siano presenti contemporaneamente almeno tre dei criteri indicati e che siano escluse altre condizioni patologiche in grado da sole di giustificare il fenomeno.
Il disturbo antisociale è ovviamente tra i più frequenti nella popolazione “carceraria” ma questo non significa che chi subisca una condanna penale sia necessariamente antisociale. Tolti i casi di malagiustizia per i quali innocenti vengono condannati, siamo di fronte con maggiore probabilità a un disturbo antisociale quando si presentano casi ripetuti di grave violazione delle norme sociali, insieme a una forte carenza di empatia (mancanza di rimorso o senso di colpa).
Il soggetto antisociale (quello che un tempo veniva definito psicopatico o sociopatico) può però simulare emozioni e sentimenti. Capita sovente che alcune manifestazioni di “rimorso” siano in realtà non genuine, utilizzate esclusivamente per ottenere un beneficio come una riduzione della pena o altri vantaggi. Lo si vede soprattutto quando c’è una forte incoerenza tra momenti diversi dei colloqui con il soggetto antisociale. Possono cambiare versione dei fatti più volte o versione della loro posizione “morale”. Inizialmente potrebbero non manifestare rimorso, poi potrebbero simulare il pentimento affermando di non essere stati in sé oppure addirittura simulare una doppia personalità o ancora una pseudo-schizofrenia. In altri casi invece, soprattutto quando è presente un forte tratto narcisistico, potrebbe invece vantarsi dalla posizione quando ottengono comunque un certo riscontro sociale e quindi immolarsi alla causa!
Occuparsi di disturbi gravi della personalità come il disturbo antisociale (che non va confuso con il tratto impulsivo del disturbo borderline di personalità) non è cosa semplice. Occorre avere una grande esperienza nel settore e non è sufficiente mettere insieme qualche criterio diagnostico. Quando parliamo con un soggetto con disturbo antisociale di personalità non è così semplice rendersi conto di stare di fronte a un soggetto disturbato. Appare invece in genere lucido, con proprie idee espresse con sicurezza e anche con una certa logica. I disturbi di personalità non sono un marchio sulla fronte, non emergono in modo evidente. Molto spesso dietro un comportamento antisociale c’è anche una giustificazione sul piano “morale” personale. Cosa che, come abbiamo detto, manca invece nei disturbi psicotici come la schizofrenia.
a cura di
Dott. Marco Baranello
psicologo, direttore risorsasalute
Dott.ssa Emanuela Sabatini
psicologo dei centri di trattamento psicologico di Roma e Milano
progetto
www.risorsasalute.it